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Storie di successo: dal Master a una nota casa di moda con Francesco Galliti
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Per generare in azienda attenzione sul tema di Diversity, Equity & Inclusion bisogna innanzitutto manifestare empatia. L’empatia si compone di due elementi: la parte affettiva, che include la simpatia, e la parte cognitiva, che implica maggiore comprensione. Troppo spesso i vertici aziendali si preoccupano unicamente di essere simpatici agli occhi dei propri giovani collaboratori, quando invece la vera priorità è generare empatia della comprensione, dell’ascolto, dell’allineamento. Solo la capacità di comprendere le emozioni, le esigenze e le esperienze altrui può trasformare la dinamica del gruppo di lavoro rendendola più coesa, collaborativa e fattiva.
Bisogna domandarsi costantemente che tipo di empatia desidera creare la nostra organizzazione e che tipologia di percorso formativo dobbiamo necessariamente proporre, e a volte persino imporre, ai responsabili delle organizzazioni stesse. Il vero salto di qualità è quello di modificare il rapporto fiduciario tra responsabili e collaboratori, attraverso la definizione di obiettivi più qualitativi che quantitativi. Preparare con anticipo sia l’azienda che i dipendenti tramite adeguata formazione è, e sarà sempre, un vero fattore critico di successo.
Esiste purtroppo ancora un gap generazionale.
Esempi di domande.
Quante donne manager sono presenti in azienda?
Quante donne siedono nel CDA?
Quanti giorni di smart working sono previsti?
Posso portare il mio cane in ufficio?
Non a caso, come indicato da CONSOB nel “Rapporto sulla corporate governance delle società quotate italiane” del 2023, solo il 2.3% delle donne ricopre il ruolo di AD o Presidente e il 3.6% quello di consigliere di amministrazione. Non solo questo. Oltre 30 anni fa, all’interno di un’organizzazione erano rappresentate al massimo 2 o 3 generazioni differenti; quindi, i senior si differenziavano facilmente dagli junior. Oggi in azienda sono presenti fino a 4 diverse generazioni, ognuna delle quali manifesta esigenze differenti, perché la durata di ciascuna generazione si è progressivamente ridotta. Tornando al tema “smart working”. I senior preferiscono tornare fisicamente in ufficio ad una situazione standard pre-pandemia, mentre i neoassunti, laureati e diplomati che hanno completato i propri studi a distanza, preferiscono lavorare usando appieno gli strumenti tecnologici disponibili con connessioni da remoto.
Il rispetto della Diversity e l’attenzione verso l’Inclusione hanno già una lunga storia anche in Italia, ma prevalentemente nel settore privato. Oltre 20 anni fa, un noto operatore di telefonia mobile innovativa stava reclutando il “manager della felicità”, con l’obiettivo di generare un ambiente di lavoro più inclusivo dove poter meglio apprezzare, valorizzare e motivare i propri dipendenti.
Sempre in quegli anni, ma soprattutto all’estero, era evidente una maggiore attenzione verso i lavoratori, in particolare nel settore dei servizi: ad esempio, attraverso la creazione in azienda di aree ricreative dedicate, possibilità di orari flessibili, free drink e frutta per tutti, la compagnia dei propri amici a quattro zampe in ufficio, le politiche di welfare, ed altro ancora. Sembravano allora interventi rivoluzionari, oggi sono diventati la normalità anche in Italia. Purtroppo, tutto ciò è presente oggi principalmente nel settore privato, mentre nel pubblico bisogna ricorrere a strumenti legislativi impositivi top down come, ad esempio, l’estensione dei benefici della legge 104 e gli strumenti limitati nel tempo, in momenti eccezionali come quelli emergenziali in pandemia. In riferimento al settore pubblico, parlando di diversità di genere ad esempio nella toponomastica, meno del 5% delle nostre strade urbane è intitolato a donne meritevoli di menzione. Anche le statue che abbelliscono i centri storici italiani sono presidiate unicamente da uomini del passato, sempre ben vestiti, mentre il ruolo della donna è relegato ai cartelloni pubblicitari.
In Italia è presumibile un futuro positivo, ma ancora troppo lento e lontano, strettamente legato e condizionato dalle eventuali accelerazioni che solo le nuove generazioni sapranno sicuramente offrire. Un caso eclatante recente è legato alla messa sul mercato di un nuovo modello di bambola Barbie non vedente. Se il colosso produttore Mattel ha impiegato 65 anni prima di rendere più inclusivo il proprio portafoglio con questa nuova bambola, forse si aspetterà ancora parecchio tempo prima di poter celebrare anche qui in Italia il raggiungimento di nuovi ambiziosi traguardi.
A cura di Augusto Zumbo, Docente universitario e Consulente Green Economy.
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