19 settembre 2024

Restare per crescere: ecco perché la formazione è un antidoto alla fuga dei cervelli

Giulio Beronia, moderatore dell'Open Day di Settembre, spiega come i percorsi di alta formazione possono essere uno strumento per trattenere i giovani in Italia e rispondere alle sfide del mercato globale.

Il fenomeno della fuga dei cervelli (human capital flight) è una sfida complessa che l’Italia affronta ormai da anni. Giovani talenti e professionisti qualificati lasciano il Paese per cercare opportunità di crescita all’estero, attratti da un ambiente che offre maggiori stimoli, innovazione, stabilità economica e possibilità di carriera. Al contempo, l’Italia si trova a fare i conti con un preoccupante declino demografico.

La crisi dell'istruzione post diploma

La popolazione in età lavorativa, compresa tra i 20 e i 55 anni, conta oltre 26 milioni di persone, ma gli iscritti ai corsi di laurea sono sotto i 2 milioni e ancora meno coloro che scelgono di specializzarsi ulteriormente tramite un Master universitario, con numeri che si aggirano intorno alle 70.000 persone.

Questi dati evidenziano una disconnessione tra la popolazione potenzialmente attiva e il sistema formativo di alta specializzazione, come i Master, che potrebbe rappresentare un'opportunità per fronteggiare il frenetico cambiamento delle competenze che vediamo in atto ormai da anni ma anche in qualche modo rallentare l’emigrazione dei giovani e supportare il futuro demografico ed economico del Paese.

All'estero per un futuro migliore

Secondo l’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), al 1° gennaio 2023, quasi 6 milioni di italiani risultavano ufficialmente residenti all’estero, con un incremento di 127.000 espatriati rispetto al 2021. Tra questi, gli under 30 rappresentano oltre 1,8 milioni di persone, il 10,7% dei giovani residenti in Italia: un dato che sottolinea come la fascia più giovane della popolazione sia ovviamente la più propensa a cercare opportunità all'estero. La maggior parte di questi espatri proviene storicamente dal Sud Italia, una regione già colpita per decenni da alta disoccupazione, scarsità di risorse e un declino delle immatricolazioni universitarie sempre costante.

La sensazione di scoraggiamento e disillusione nel riuscire a intraprendere il percorso del futuro nel proprio Paese è nota da anni ed è forse una connotazione generazionale che è iniziata con i Millennials; basta ripercorrere le parole di un brano di Caparezza del 2011 “Malinconia Goodbye”, che all’epoca destò anche qualche smorfia a livello istituzionale, per percepire quel che tipo di emozioni sono vissute dalle nuove leve del mercato del lavoro.

Oggi come ieri, i giovani italiani scelgono di emigrare sicuramente per motivi economici, ma anche per sviluppare nuove competenze e sperimentare ambienti di lavoro più dinamici e stimolanti, o che garantiscono una soglia di “sicurezza psicologica” più marcata.

La formazione post laurea e post diploma come antidoto alla fuga dei cervelli

Si impone quindi una riflessione su come i percorsi di alta formazione in Italia potrebbero arginare la tendenza a espatriare che coinvolge i ventenni e i trentenni italiani.

I Master ma anche i percorsi di studio post diploma o post laurea possono diventare strumenti efficaci per trattenere molte risorse intellettuali e competenze giovani, perché per natura rappresentano un'opportunità unica nell’intercettare rapidamente le esigenze del mercato del lavoro. Grazie alle collaborazioni con le aziende e il mondo delle startup, questi percorsi formativi possono garantire ricadute professionali immediate, favorendo l'inserimento dei laureati in settori strategici per l'economia nazionale.

Inoltre, la struttura ibrida dei Master, che combina formazione teorica con esperienze pratiche, offre una risposta flessibile e adatta alle diverse esigenze dei territori e delle provincie periferiche rispetto ai grandi centri urbani. Ciò che distingue i Master dagli altri percorsi di formazione accademica, infatti, è la loro capacità di adattarsi più rapidamente ai cambiamenti del mercato; possono infatti essere sia brevi e pratici, offrendo competenze specialistiche richieste immediatamente dalle aziende, sia solidamente strutturati e duraturi, con percorsi di apprendimento che forniscono una base teorica solida e utile nel lungo termine. Questa duplice natura dei Master li rende uno strumento potente per le nuove generazioni che vogliono crescere professionalmente e in maniera anche trasversale tra settori differenti.

Il valore strategico della formazione continua

Un’altra soluzione al fenomeno del “brain drain” italiano, che oggi rispetto alla generazione precedente, si inserisce in maniera evidente anche nel contesto del declino demografico, è a tutto tondo l’investimento (istituzionale ma anche personale) nella formazione continua, o lifelong learning.

In una società in cui la popolazione attiva tende a ridursi, è fondamentale che studenti e lavoratori abbiano la possibilità di aggiornare continuamente le loro competenze. Il lifelong learning permette di mantenere competitiva e motivata non solo la popolazione più giovane, ma anche quella che ha già avviato una carriera, evitando che il know how acquisito diventi obsoleto. Il lifelong learning non riguarda infatti solo i giovani neolaureati, ma coinvolge anche una popolazione più adulta che, tramite corsi di aggiornamento e specializzazione, può contribuire al mantenimento della competitività del Paese.

Il lifelong learning, inoltre, rappresenta anche per tanti stakeholder una grande opportunità di mercato. In un contesto in cui la necessità di aggiornare costantemente le competenze è cruciale per affrontare le sfide del futuro, la domanda di formazione continua è destinata a crescere. Questo apre nuovi spazi per l'industria dell'educazione e le imprese che sapranno cogliere l'importanza di investire in percorsi formativi flessibili e innovativi. Investire nel lifelong learning significa non solo creare una forza lavoro più preparata, ma anche sviluppare un settore strategico in grado di generare valore economico e sociale per il Paese.

Digitale e sostenibilità per innovare il Paese

C’è un altro ingrediente fondamentale che può fare da catalizzatore a processi virtuosi di sviluppo dell’apprendimento e della professionalità nel Paese, ed è la possibilità per le persone di conoscersi, confrontarsi su nuovi modi di lavorare, formarsi attivamente e crescere professionalmente ed essere parte di una rinascita di innovazione e produttività a livello nazionale.

Il periodo post pandemico ha generato in varia misura esperimenti e buone pratiche di southworking, di riqualificazione delle province e ha aggregato sempre di più tra le nuove generazioni un sentire comune di persone che comunque sognano di vivere e lavorare in Italia e dall’Italia. L’obiettivo comune di trasformare il sistema economico del mercato del lavoro mettendo il digitale e la sostenibilità al centro del cambiamento, ed enfatizzando le eccellenze impegnate nell'innovazione sono gli ingredienti alla base di queste trasformazioni virtuose da cui prendere spunto per un potenziamento delle competenze Made In Italy, cresciute e formate sul suolo nazionale.

La scelta individuale allora di investire sul proprio apprendimento continuo e sulla possibilità di scegliere un percorso concretamente qualificante diventa un modo, nel proprio viaggio di orientamento professionale, per non desistere e abbandonare l’idea di un futuro del lavoro che si nutre delle peculiarità e del contesto italiano, ma che può comunque relazionarsi e confrontarsi in uno scenario internazionale. Con un pizzico di motivazione in più, possiamo allora rileggere le parole di Tony Hadley nel brano già citato: “Looking back we lost our way | an innocent time we all betrayed | And in time can we all learn, not to crawl away and burn | Stand up and don't fall down”.


Autore: Giulio Beronia, Generational Workforce Strategist | Employee Inclusion & Branding Designer | People & Culture Audio Producer


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  • 10 ottobre 2024
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